di e con Vittorio Continelli
collaborazione alla scrittura di Riccardo Quacquarelli
produzione mo-wan teatro
L’uomo medio e un mostro. Questo e quanto afferma Orson Welles, nei panni dello
scontroso regista cinematografico che interpreta, ne La ricotta di Pier Paolo Pasolini. Da
quella affermazione partono una ricerca e un racconto in cui si intrecciano la
sceneggiatura del film, le vicende del suo protagonista, un generico che tutti sul set
chiamano Stracci, l’Italia degli anni ’60 e quella di oggi. Due luoghi lontani nel tempo che
sono ancora lo stesso posto.
Stracci ne La ricotta muore in croce mentre interpreta il ruolo del ladrone nella Passione di
Cristo. Muore per una indigestione, Stracci. Morto de fame che more pe’ ‘r troppo magna’.
Per uno scherzo feroce e per il giubilo degli altri comprimari.
Come se a lui e a quelli come lui fosse preclusa ogni idea di felicita. Stracci e l’ultimo tra
gli ultimi raccontati da Pasolini, si muove con dimestichezza in un paesaggio periferico
fatto di palazzoni in costruzione, di prati bruciati dal sole, di pecore al pascolo e di
discariche a cielo aperto. Parla una lingua imbastardita, a tratti incomprensibile e vive di
solo istinto. Sullo sfondo stanno le risate gracchianti e gli scherzi feroci dei colleghi. Sullo
sfondo stanno la meraviglia e i colori delle tele del Pontorno che il cineasta Welles/Pasolini
utilizza per raccontare la Crocifissione. Sullo sfondo sta un mondo in cui ognuno balla il
twist e cerca di sopravvivere come puo.
Intanto L’uomo medio continua a essere lo stesso pericoloso delinquente definito da
Welles/Pasolini ma qualcosa si e rotto, l’incanto e la speranza di cui godeva nell’Eldorado
degli anni ’60 non esiste piu. Senza accorgersene l’uomo medio si e confuso con gli ultimi
diventando egli stesso la propria vittima prediletta.
Con sua somma sorpresa l’essere mostruoso si ritrova spalla a spalla con coloro che
pensava diversi da lui, coloro che odia con la forza con cui si odia il proprio simile,
costretto a guardarsi allo specchio.